Questi non sono buoni propositi promessi e non mantenuti.
Questi non sono neanche buoni propositi. Perché avevo smesso con i buoni propositi.
Siccome sono poche le cose eterne, con questo post cemento un'amicizia virtuale... e sfango un anno!
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno ho creduto di poter andar via di casa, e ce l'avevo quasi fatta, quasi fatta e poi non l'ho fatto.
Anche quest'anno mi sono ripromessa di provarci con il giapponese (la lingua, non un improbabile inquilino del piano di sopra), e ho comprato il libro. E lo sto imparando.
Anche quest'anno ho scritto il blog.
Anche quest'anno mi sono appassionata a un nuovo sport, e ci ho provato. Tiro con l'arco.
Anche quest'anno mi sono chiesta se fosse il caso di mandare qualche persona a fare i... compiti. E diciamo che l'ho fatto.
Anche quest'anno ho passato alcuni mesi malaticcia.
Anche quest'anno ho detto "arrivederci" a due persone a cui volevo bene.
Anche quest'anno ho sognato di spiccare il volo.
Anche quest'anno ho sognato di ricominciare tutto dall'altra parte del mondo.
Anche quest'anno ho sognato nonna.
Anche quest'anno ho sognato nonno.
Anche quest'anno ho pianto.
Anche quest'anno ho riso.
Anche quest'anno mi sono iscritta in piscina.
Anche quest'anno sono andata in biblioteca.
Anche quest'anno ho preso bus, treno e metro.
Anche quest'anno non ho mangiato animali.
Anche quest'anno ho letto alcuni libri nuovi e riletto alcuni vecchi.
Anche quest'anno sono arrivata in ritardo, ma anche in anticipo.
Anche quest'anno, quando ho sentito il sole caldo sul viso, mi sono sentita subito meglio.
Anche quest'anno è iniziato in ospedale e finito in ospedale.
Anche quest'anno non ho vinto la lotteria. Ma non avevo neanche giocato!
Anche quest'anno avrei voluto un gruppetto di amiche. Con cui fare il giro del mondo.
Anche quest'anno ho scritto un racconto. Però quest'anno ho avuto il coraggio di spedirlo a una casa editrice... ed è piaciuto!
Anche quest'anno ho fatto una serie di figure pessime al momento sbagliato con le persone sbagliate.
Anche quest'anno ho camminato. Però, quest'anno, quando l'ho fatto, quando ho ricominciato a farlo, ho ringraziato per ogni passo. Perché potevo usarle di nuovo, le gambe. Anche se vanno un po' più piano.
Anche quest'anno sono arrossita.
Anche quest'anno mi sono fatta mille domande sul futuro.
Anche quest'anno ho avuto paura.
Anche quest'anno ho visto il cielo azzurro.
Anche quest'anno ho curato le piante sul terrazzo dei nonni. E poi ho piantato la lavanda e fatto talee di rosmarino.
Anche quest'anno ho sorriso fino alla commozione davanti al sorriso di un bambino.
Anche quest'anno ho pensato alla mia vecchia vita, a... "E se non avessi cambiato??"
Anche quest'anno ho scritto un sacco di post che non ho pubblicato.
Anche quest'anno sono andata almeno una volta in bicicletta.
Anche quest'anno sono andata almeno una volta al cinema.
Anche quest'anno ho visitato almeno una mostra.
E voi?
Che cosa avete sfangato voi?
***In costruzione: rifletto sulla descrizione del blog. E anche sulla mia!***
mercoledì 31 dicembre 2014
American Chronicles: The Art of Norman Rockwell
Conoscete Norman Rockwell?
Noo??
Beh, no, non è LA risposta.
Ho passato ieri e oggi in giro per la mia città, Roma, che è bella di suo, però a volte è ancora più bella. Perché?
Beh, perché arriva qualcosa che la arricchisce e la mostra di Norman Rockwell è una di quelle cose che non ti puoi perdere se abiti a Roma, se da piccolo disegnavi tutto, di tutto, su tutto, anche mentre guardavi i cartoni animati e se poi hai passato la passione a tua sorella would-be illustratrice.
Da Norman Rockwell ci vai e basta. Anzi, ci corri. Anzi, sei superfelice che il periodo della mostra coincida con il suo compleanno, non vedi l'ora di regalarle il biglietto e passare un po' di tempo ad ammirare l'opera di un tizio che ha rifuggito il clamore e per quarantasette - 47!!! - anni della sua vita ha illustrato le copertine del The Saturday Evening Post, che sono oltre 320, e rappresentano una buona parte della cultura statunitense del XX secolo.
Insomma, ieri ho fatto un viaggio nella vita e nell'arte di Norman Rockwell. Nel suo "realismo romantico".
Dire cosa mi sia piaciuto di più è difficile, perché mi è piaciuto davvero tutto. Anche la stanzetta per i bambini. Un po' meno il bookshop alla fine della mostra, se devo proprio dirlo.
Che cosa mi piace di Norman... vediamo.
1. Dipinge dal vero.
All'inizio prendeva dei modelli e li metteva in posa, proprio come chiunque altro. Poi, ha deciso di ritrarre le persone comuni, che è una cosa bellissima. Poi, ha ritratto la sua famiglia, è una cosa ancora più... bellissima.
Norman Rockwell, Girl at Mirror, 1954. |
Questa ragazzina aveva circa 11 anni quando è stata ritratta. Quando si è rivista ne aveva 22 ed è scoppiata in lacrime, perché riusciva a comprendere il significato del ritratto: il passaggio dall'infanzia all'età adulta. La crescita le fa allontanare la bambola - che vediamo a terra - e le fa sfogliare una rivista dove compare il volto di un'attrice, Jane Russell, e vuole assomigliarle. Ecco perché c'è quel rossetto a terra, insieme a spazzola e pettine. Ma guardandosi allo specchio vede ancora il volto candido di una bambina.
Norman Rockwell, Christmas Homecoming, 1948. |
Questo è il ritorno a casa per le feste natalizie di Jarvis, uno dei suoi figli. Il punto di vista del ritratto è proprio il suo, quello che ci permette di vedere la gioia riflessa nei volti di tutte le persone che lo circondano: la madre Mary, che lo abbraccia; il padre Norman, a destra, con la sua inconfondibile pipa; il fratello Thomas, con la camicia a quadri; e il fratello Peter, più a sinistra, con gli occhiali, la voce narrante della mostra. E sì, vi consiglio proprio di prendere l'audioguida, è inclusa nel prezzo, ma ve lo consiglierei anche se non lo fosse: ne stravale la pena.
Chi è il critico d'arte? Il ragazzo che si avvicina al dipinto, la dama ritratta che lo guarda compiaciuta o i tre gentiluomini che, affacciati dal dipinto di fianco, osservano la scena?
Norman Rockwell, Art Critic, 1955. |
Chi è il critico d'arte? Il ragazzo che si avvicina al dipinto, la dama ritratta che lo guarda compiaciuta o i tre gentiluomini che, affacciati dal dipinto di fianco, osservano la scena?
Non lo sappiamo. Sappiamo però che questo studente di arte con il cavalletto piegato e la tavolozza sotto braccio che si accinge a guardare il décolleté della dama attraverso una lente d'ingrandimento è Jarvis Rockwell.
Norman Rockwell, Boy in a Dining Car, 1946. |
Prima di scegliere il modello, Rockwell ne provava alcuni. Peter Rockwell non fu, infatti, la prima scelta per questo dipinto. Peter dice che il padre pagava 5 dollari gli altri ragazzi, mentre lui e i suoi fratelli guadagnavano solo 1 dollaro.
Qui è ritratto anche un cameriere. Anche per lui ci furono diversi provini. All'epoca il razzismo imperava negli Stati Uniti e gli uomini di colore potevano essere ritratti solo in condizioni di lavoro negative. Non è questo il caso: Rockwell era un pacifista.
2. Ha senso dell'umorismo
La prima delle immagini che mi ha tirato fuori una risata è questa:
Norman Rockwell, A Family Tree, 1959. |
Notate niente di strano?
Ingrandite pure l'immagine.
Adesso?
Beh, il modello ritratto in tutte le generazioni è lo stesso signore. E c'è una particolarità che si ripete: la parte alta del naso è ampia (di solito è la parte più stretta del naso).
In tutte le generazioni maschili, il modello è lo stesso. Tranne in una. Lo vedete? Il reverendo al centro del dipinto ritrae proprio Rockwell.
E l'uomo che gli ha fatto da modello che fine ha fatto?
È diventato sua moglie! ^_^
3. È attento ai temi attuali e sociali
Il 6 gennaio 1941, il Presidente Franklin Delano Roosevelt parlò agli americani:
Il discorso faceva riferimento alla Quattro Libertà fondamentali: la libertà di parola, la libertà di culto, la libertà dal bisogno e la libertà dalla paura.
Rockwell rappresentò le Four Freedoms in quattro dipinti:
Norman Rockwell, Freedom of Speech, 1943. |
Norman Rockwell, Freedom of Worship, 1943. |
Norman Rockwell, Freedom of Want, 1943. |
Norman Rockwell, Freedom of Fear, 1943. |
Da non dimenticare:
Norman Rockwell, Murder in Mississippi, 1965. |
Murder in Mississippi, 1965, che ritrae tre giovani attivisti per i diritti civili uccisi nel 1964 probabilmente da alcuni membri del Ku Klux Klan (di cui vediamo soltanto le ombre con i fucili sulla destra del dipinto).
E The Problem We All Live With, 1964.
Norman Rockwell, The Problem We All Live With, 1964. |
Gli anni '60 sono forse gli anni in cui il vento del razzismo si fa sentire più di ogni altra cosa negli Stati Uniti. Nel 1960, Ruby Bridges ha sei anni ed è l'unica bambina afroamericana a frequentare una scuola per soli bianchi. Gli altri bambini afroamericani hanno deciso di restare a casa, ma lei continua ad andare a scuola, nonostante i lanci di pomodori e le offese razziste scritte sui muri, come vediamo nel dipinto di Rockwell, continuando la sua battaglia per i diritti civili, scortata da quattro agenti federali.
Storia e arte si mescolano in questo dipinto che fa emergere i problemi sociali, razziali, civili di un'America che deve crescere.
Trovo che questo dipinto sia bellissimo. Suggestivo. Sublime.
Uno dei miei preferiti.
4. Ritrae sé stesso
Come abbiamo già visto in Christmas Homecoming, 1948, e in A Family Tree, 1959, Rockwell era solito autoritrarsi. Forse il suo autoritratto più famoso è questo:
Norman Rockwell, Triple Self-Portrait, 1960. |
Un triplo autoritratto divertente, direi, in cui assume tre posizioni diverse, ha gli occhiali, ma non sempre, la pipa è sempre presente, ma in posizioni diverse. È attorniato da autoritratti famosi in alto a destra - c'è anche Van Gogh! - e da alcuni suoi schizzi a sinistra.
E quell'elmo in alto?
È l'elmo dell'umiltà.
Lo aveva comprato a Parigi pensando che fosse un cimelio d'altri tempi. Scoprì più tardi che non era così.
L'autoritratto che preferisco io, però, è un altro:
Norman Rockwell, Artist Facing Blank Canvas, 1938. |
L'artista davanti a una tela vuota. Quando l'ispirazione sembra svanita e una data di scadenza o di consegna è alle porte. Forse mi ritrovo in questo dipinto. Forse, in questo dipinto, possono rispecchiarsi un po' tutti. In fondo, il volto dell'artista non si vede, e quel volto potrebbe appartenere a tutti noi.
5. I miei preferiti
I miei dipinti preferiti spaziano molto: dalle copertine natalizie per The Satuday Evening Post alle pubblicità per Kellogg's; dal regalo a Walt Disney al bimbo che scopre Babbo Natale, un po' come ho fatto io; dalle fughe alle andate e i ritorni; dai sorrisi alla positività sempre presente nei volti ritratti. Una positività che sembra rivolta al futuro.
Norman Rockwell, The Runaway, 1958. |
Norman Rockwell, Going and Coming, 1947. |
Norman Rockwell, The Discovery, 1956. |
Norman Rockwell, Girl Reading the Post, 1941. In basso a destra la dedica all'amico Walt Disney. |
Norman Rockwell, Girl with String, 1955. |
Norman Rockwell, Marble Champion, 1939. |
Norman Rockwell, Boy and Girl Gazing at the Moon, 1926. |
Spero di avervi incuriosito almeno un po'. E se passate a Roma, non fatevi sfuggire l'occasione di fare un viaggio nel mondo di Rockwell!
Oggi il disegno realistico ha perso un po' di interesse, poiché il pubblico è maggiormente orientato sulla fotografia - come diceva Apollinaire, "basta la fotografia per ritrarre la realtà così com'è" - e maggiormente attratto da opere astratte o di altro genere e stile.
Pur condividendo il pensiero di Apollinaire, credo che il disegno come quello di Rockwell sia grandioso, al contempo tecnico, realistico e artistico, difficile da eseguire e pieno, davvero pieno di fascino!
Voi che ne pensate?
martedì 30 dicembre 2014
Zucchero filato
Zucchero filato.
Google Images |
Se dico zucchero filato a cosa pensate?
Per me c'è solo una risposta: all'infanzia.
Google Images |
All'infanzia. Quando c'era una fiera, una festa estiva al mare, la sera, tante luci. Un'atmosfera di festa.
Google Images |
E poi, proprio lì, alla fine di quella sfilza di banchetti luminosi, c'era il carretto colorato attorniato da bimbi felici che aspettavano il proprio turno. Qualcuno riusciva anche a farselo da sé e aspettava già pronto con il bastoncino...
Google Images |
E poi, come per magia, da quella macchina tonda nasceva una nuvola soffice e zuccherosa,
Google Images |
che il più delle volte impiastricciava i visetti che affondavano nella nuvola avidamente; altre, invece, si appiccicava sulle dita perché si staccava a pezzetti per portarlo alla bocca e le mani rimanevano tutte collose.
Lo zucchero filato mi suscitava sensazioni contrastanti, da piccola: mi attirava tremendamente, da un lato; dall'altro, ahimè... ci tenevo ad avere le mani pulite!
Oggi, invece, mi fa una gran tenerezza, mi riporta indietro nel tempo, a un tempo che sembra custodito in un limbo attorniato da nuvole zuccherose e lana di fata*; e dalla mano grande che mi tiene per mano, quella pulita, mentre con l'altra tengo il bastoncino e decido come mangiarlo.
Oggi, non me ne importa niente di sporcarmi le mani.
Oggi, sono le sensazioni.
Oggi, è il ricordo.
Google Images... però in francese nuage è maschile: "un" nuage. Accipicchia, è l'unico motivo per cui non comprerei questa maglietta! |
E voi cosa pensate dello zucchero filato?
Quali sensazioni vi suscita?
*Quando è stato inventato, lo zucchero filato si chiamava Fairy Floss, lana di fata. Oggi è più comune chiamarlo Cotton Candy... e quanto mi piacciono anche queste parole!!! ^_^
Ah, sapete che è stato inventato da un dentista? Questa cosa mi fa ridere tremendamente!
domenica 28 dicembre 2014
Orrore | Ho applicato. Un'applichescion
Il primo termine che merita di entrare nell'Antidizionario e di classificarsi al primo posto, senza se e senza ma, è application. Seguito a ruota dal caro verbo applicare.
Google Images + piccola modifica personale! ^_^ |
L'ordine ha poca importanza, in realtà. Applicatele pure come preferite.
Quante volte vi è capitato di usare il termine APPLICATION?
Quante volte vi è capitato di usare il termine APPLICATION?
Mai? Beh, quante volte lo avete sentito, allora?
- Ho fatto un'applichescion.
- Ho inviato un'applichescion.
- Compila un'applichescion.
- Ho fatto un'applichescion.
- Ho inviato un'applichescion.
- Compila un'applichescion.
Oppure capita di sentire HO APPLICATO.
Intransitivo.
Ma COSA diavolo hai applicato???
- Ho applicato, speriamo che mi prendano!
- Facile, Lei applica...
Ma perché, perché, perché dico io?
Capisco che i tempi in cui dire Ok era maleducazione sono passati da un pezzo.
Capisco che nuovi termini, soprattutto tecnologici, vengano creati all'ordine del giorno e non è che uno si può mettere lì a creare un termine in italiano.
Capisco che dirlo in inglese fa figo!
Però... accipuffolina, qui esistono già. E, soprattutto, si capiscono anche meglio!
To apply* = fare domanda a, inoltrare una domanda a, fare richiesta a
Application* = domanda, richiesta
VS
Applicare* = mettere qualcosa sopra a qualcos'altro, es. : Ho applicato le toppe sulla tuta di Gianni.
L'italiano esiste, non lasciamolo morire! ^_^
**Il dizionario riporta anche le traduzioni "applicare" e "applicazione", ma il contesto è diverso.
**Il dizionario riporta anche le traduzioni "applicare" e "applicazione", ma il contesto è diverso.
*Tutti gli altri usi di ""applicare" in italiano.
E finalmente, alla fine dell'anno, ce l'ho fatta a pubblicare questo post.
Sono curiosa come una scimmia:
VOI APPLICATE? E se sì, cosa??? ^_^
venerdì 26 dicembre 2014
giovedì 25 dicembre 2014
Dare
Dare.
Vi è mai capitato di avere bisogno di "dare"?
Non di ricevere.
Non di avere.
Non di prendere.
Ma di dare.
Io, quest'anno, ho sentito forte questo desiderio. Dare.
Non ho mai pensato a me per i regali di Natale, ho sempre pensato agli altri.
Ma quest'anno è stato diverso.
Quest'anno avevo voglia di dare loro qualcosa.
Qualcosa che amano, apprezzano, vogliono.
Senza corse affannose. Senza lotta dell'ultimo minuto. Senza dubbi sulle scelte.
La gente chiede sempre: "Cosa hai ricevuto a Natale?"
Oggi io vi chiedo: "Cosa avete dato?"
Qualunque cosa sia, spero l'abbiate fatta con il cuore.
Quest'anno sono contenta dei miei regali. Li ho fatti con il cuore.
Non che gli altri anni li abbia fatti senza cuore, ma forse nella coppia cuore-cervello vinceva il cervello. Quest'anno ha vinto il cuore. E ne sono felice.
Vi è mai capitato di avere bisogno di "dare"?
Non di ricevere.
Non di avere.
Non di prendere.
Ma di dare.
Io, quest'anno, ho sentito forte questo desiderio. Dare.
Non ho mai pensato a me per i regali di Natale, ho sempre pensato agli altri.
Ma quest'anno è stato diverso.
Quest'anno avevo voglia di dare loro qualcosa.
Qualcosa che amano, apprezzano, vogliono.
Senza corse affannose. Senza lotta dell'ultimo minuto. Senza dubbi sulle scelte.
La gente chiede sempre: "Cosa hai ricevuto a Natale?"
Oggi io vi chiedo: "Cosa avete dato?"
Qualunque cosa sia, spero l'abbiate fatta con il cuore.
Quest'anno sono contenta dei miei regali. Li ho fatti con il cuore.
Non che gli altri anni li abbia fatti senza cuore, ma forse nella coppia cuore-cervello vinceva il cervello. Quest'anno ha vinto il cuore. E ne sono felice.
Google Images |
Buon Natale a tutti voi. Di cuore.
venerdì 12 dicembre 2014
Cose da femmine
Un paio di giorni fa sono finita a casa di L., la mia amica L., quella dei tempi dell'asilo - e anche delle elementari, delle medie, del liceo - che ora vive da sola e non aveva voglia di fare l'albero.
Ma come si fa??? - Le ho urlato con non so quanti decibel - Lo facciamo insieme!
E così sono andata da lei per fare l'albero di Natale,
poi a cena pizza, supplì e crocchette, birretta, tanta acqua (proprio quella che ci fa fare tanta plin plin, così siamo belle dentro e fuori!) e dolcetti finali.
No, non questo. Lei è troppo glitterata per darsi al riciclo creativo, ma diamo tempo al tempo... |
poi a cena pizza, supplì e crocchette, birretta, tanta acqua (proprio quella che ci fa fare tanta plin plin, così siamo belle dentro e fuori!) e dolcetti finali.
E poi?
Beh, poi è arrivata la fase cose da femmine.
Quelle cose che io non faccio mai. E lei sì.
Ha aperto uno sportellino del salotto e sono apparse tante piccole minuscole coloratissime bottigliette di SMALTO.
Se dico che ne ha una trentina, dico poco.
Non solo. Ha anche quell'attrezzo che riscalda lo strato trasparente per farle "proprio come se fossi da una nail artist".
Così ho ceduto.
D'altronde, lei ha ceduto ai miei bisogni infantili di albero.
Io, ai suoi. Da femmina.
L'ho spuntata solo sul colore. Lei andava sul magenta aggressive, io per un neutro rosino-che-si-vede-non-si-vede-e-se-non-si-vede-è-meglio-così-mi-sento-più-a-mio-agio.
Che poi, detto tra noi, farà pure effetto "mano curata", ma fa pure un po' effetto... vecchia.
Dai, la prossima volta punto sul magenta aggressive anch'io! ;)
Con queste, magari, l'anno prossimo ci mettiamo d'accordo... ^_^ |
E voi, unghie o albero? ^_^
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