mercoledì 31 dicembre 2014

#sfangarla

Questi non sono buoni propositi promessi e non mantenuti.
Questi non sono neanche buoni propositi. Perché avevo smesso con i buoni propositi.

Siccome sono poche le cose eterne, con questo post cemento un'amicizia virtuale... e sfango un anno!




Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno...
Anche quest'anno ho creduto di poter andar via di casa, e ce l'avevo quasi fatta, quasi fatta e poi non l'ho fatto.
Anche quest'anno mi sono ripromessa di provarci con il giapponese (la lingua, non un improbabile inquilino del piano di sopra), e ho comprato il libro. E lo sto imparando.
Anche quest'anno ho scritto il blog.
Anche quest'anno mi sono appassionata a un nuovo sport, e ci ho provato. Tiro con l'arco.
Anche quest'anno mi sono chiesta se fosse il caso di mandare qualche persona a fare i... compiti. E diciamo che l'ho fatto.
Anche quest'anno ho passato alcuni mesi malaticcia.
Anche quest'anno ho detto "arrivederci" a due persone a cui volevo bene.
Anche quest'anno ho sognato di spiccare il volo.
Anche quest'anno ho sognato di ricominciare tutto dall'altra parte del mondo.
Anche quest'anno ho sognato nonna.
Anche quest'anno ho sognato nonno.
Anche quest'anno ho pianto.
Anche quest'anno ho riso.
Anche quest'anno mi sono iscritta in piscina.
Anche quest'anno sono andata in biblioteca.
Anche quest'anno ho preso bus, treno e metro.
Anche quest'anno non ho mangiato animali.
Anche quest'anno ho letto alcuni libri nuovi e riletto alcuni vecchi.
Anche quest'anno sono arrivata in ritardo, ma anche in anticipo.
Anche quest'anno, quando ho sentito il sole caldo sul viso, mi sono sentita subito meglio.
Anche quest'anno è iniziato in ospedale e finito in ospedale.
Anche quest'anno non ho vinto la lotteria. Ma non avevo neanche giocato!
Anche quest'anno avrei voluto un gruppetto di amiche. Con cui fare il giro del mondo.
Anche quest'anno ho scritto un racconto. Però quest'anno ho avuto il coraggio di spedirlo a una casa editrice... ed è piaciuto!
Anche quest'anno ho fatto una serie di figure pessime al momento sbagliato con le persone sbagliate.
Anche quest'anno ho camminato. Però, quest'anno, quando l'ho fatto, quando ho ricominciato a farlo, ho ringraziato per ogni passo. Perché potevo usarle di nuovo, le gambe. Anche se vanno un po' più piano.
Anche quest'anno sono arrossita.
Anche quest'anno mi sono fatta mille domande sul futuro.
Anche quest'anno ho avuto paura.
Anche quest'anno ho visto il cielo azzurro.
Anche quest'anno ho curato le piante sul terrazzo dei nonni. E poi ho piantato la lavanda e fatto talee di rosmarino.
Anche quest'anno ho sorriso fino alla commozione davanti al sorriso di un bambino.
Anche quest'anno ho pensato alla mia vecchia vita, a... "E se non avessi cambiato??"
Anche quest'anno ho scritto un sacco di post che non ho pubblicato.
Anche quest'anno sono andata almeno una volta in bicicletta.
Anche quest'anno sono andata almeno una volta al cinema.
Anche quest'anno ho visitato almeno una mostra.

E voi?
Che cosa avete sfangato voi?


American Chronicles: The Art of Norman Rockwell

Conoscete Norman Rockwell?



Noo??

Beh, no, non è LA risposta.

Ho passato ieri e oggi in giro per la mia città, Roma, che è bella di suo, però a volte è ancora più bella. Perché?
Beh, perché arriva qualcosa che la arricchisce e la mostra di Norman Rockwell è una di quelle cose che non ti puoi perdere se abiti a Roma, se da piccolo disegnavi tutto, di tutto, su tutto, anche mentre guardavi i cartoni animati e se poi hai passato la passione a tua sorella would-be illustratrice.

Da Norman Rockwell ci vai e basta. Anzi, ci corri. Anzi, sei superfelice che il periodo della mostra coincida con il suo compleanno, non vedi l'ora di regalarle il biglietto e passare un po' di tempo ad ammirare l'opera di un tizio che ha rifuggito il clamore e per quarantasette - 47!!! - anni della sua vita ha illustrato le copertine del The Saturday Evening Post, che sono oltre 320, e rappresentano una buona parte della cultura statunitense del XX secolo.



Insomma, ieri ho fatto un viaggio nella vita e nell'arte di Norman Rockwell. Nel suo "realismo romantico".

Dire cosa mi sia piaciuto di più è difficile, perché mi è piaciuto davvero tutto. Anche la stanzetta per i bambini. Un po' meno il bookshop alla fine della mostra, se devo proprio dirlo.

Che cosa mi piace di Norman... vediamo.

1. Dipinge dal vero.
All'inizio prendeva dei modelli e li metteva in posa, proprio come chiunque altro. Poi, ha deciso di ritrarre le persone comuni, che è una cosa bellissima. Poi, ha ritratto la sua famiglia, è una cosa ancora più... bellissima.

Norman Rockwell, Girl at Mirror, 1954.

Questa ragazzina aveva circa 11 anni quando è stata ritratta. Quando si è rivista ne aveva 22 ed è scoppiata in lacrime, perché riusciva a comprendere il significato del ritratto: il passaggio dall'infanzia all'età adulta. La crescita le fa allontanare la bambola - che vediamo a terra - e le fa sfogliare una rivista dove compare il volto di un'attrice, Jane Russell, e vuole assomigliarle. Ecco perché c'è quel rossetto a terra, insieme a spazzola e pettine. Ma guardandosi allo specchio vede ancora il volto candido di una bambina.


Norman Rockwell, Christmas Homecoming, 1948.

Questo è il ritorno a casa per le feste natalizie di Jarvis, uno dei suoi figli. Il punto di vista del ritratto è proprio il suo, quello che ci permette di vedere la gioia riflessa nei volti di tutte le persone che lo circondano: la madre Mary, che lo abbraccia; il padre Norman, a destra, con la sua inconfondibile pipa; il fratello Thomas, con la camicia a quadri; e il fratello Peter, più a sinistra, con gli occhiali, la voce narrante della mostra. E sì, vi consiglio proprio di prendere l'audioguida, è inclusa nel prezzo, ma ve lo consiglierei anche se non lo fosse: ne stravale la pena.


Norman Rockwell, Art Critic, 1955.

Chi è il critico d'arte? Il ragazzo che si avvicina al dipinto, la dama ritratta che lo guarda compiaciuta o i tre gentiluomini che, affacciati dal dipinto di fianco, osservano la scena?
Non lo sappiamo. Sappiamo però che questo studente di arte con il cavalletto piegato e la tavolozza sotto braccio che si accinge a guardare il décolleté della dama attraverso una lente d'ingrandimento è Jarvis Rockwell.


Norman Rockwell, Boy in a Dining Car, 1946.

Prima di scegliere il modello, Rockwell ne provava alcuni. Peter Rockwell non fu, infatti, la prima scelta per questo dipinto. Peter dice che il padre pagava 5 dollari gli altri ragazzi, mentre lui e i suoi fratelli guadagnavano solo 1 dollaro. 

Qui è ritratto anche un cameriere. Anche per lui ci furono diversi provini. All'epoca il razzismo imperava negli Stati Uniti e gli uomini di colore potevano essere ritratti solo in condizioni di lavoro negative. Non è questo il caso: Rockwell era un pacifista.


2. Ha senso dell'umorismo
La prima delle immagini che mi ha tirato fuori una risata è questa:

Norman Rockwell, A Family Tree, 1959.

Notate niente di strano?
Ingrandite pure l'immagine.
Adesso?

Beh, il modello ritratto in tutte le generazioni è lo stesso signore. E c'è una particolarità che si ripete: la parte alta del naso è ampia (di solito è la parte più stretta del naso).
In tutte le generazioni maschili, il modello è lo stesso. Tranne in una. Lo vedete? Il reverendo al centro del dipinto ritrae proprio Rockwell. 
E l'uomo che gli ha fatto da modello che fine ha fatto?
È diventato sua moglie! ^_^


3. È attento ai temi attuali e sociali
Il 6 gennaio 1941, il Presidente Franklin Delano Roosevelt parlò agli americani:


Il discorso faceva riferimento alla Quattro Libertà fondamentali: la libertà di parola, la libertà di culto, la libertà dal bisogno e la libertà dalla paura.

Rockwell rappresentò le Four Freedoms in quattro dipinti:


Norman Rockwell, Freedom of Speech, 1943.
Un discorso democratico in cui tutti ascoltano chi parla, anche se hanno opinioni diverse.


Norman Rockwell, Freedom of Worship, 1943.
Volti diversi, di etnie, razze e religioni diverse. Tutti sono liberi di rivolgersi al proprio Dio.


Norman Rockwell, Freedom of Want, 1943.
Una famiglia riunita intorno a una tavola imbandita dove il cibo non manca (ahimè, povero tacchino!). 

Norman Rockwell, Freedom of Fear, 1943.

Due bambini possono dormire tranquilli nel loro letto, lontano dai bombardamenti della guerra in Europa, dove i bambini non erano altrettanto tranquilli né al sicuro.


Da non dimenticare:


Norman Rockwell, Murder in Mississippi, 1965.

Murder in Mississippi, 1965, che ritrae tre giovani attivisti per i diritti civili uccisi nel 1964 probabilmente da alcuni membri del Ku Klux Klan (di cui vediamo soltanto le ombre con i fucili sulla destra del dipinto).

E The Problem We All Live With, 1964.


Norman Rockwell, The Problem We All Live With, 1964.

Gli anni '60 sono forse gli anni in cui il vento del razzismo si fa sentire più di ogni altra cosa negli Stati Uniti. Nel 1960, Ruby Bridges ha sei anni ed è l'unica bambina afroamericana a frequentare una scuola per soli bianchi. Gli altri bambini afroamericani hanno deciso di restare a casa, ma lei continua ad andare a scuola, nonostante i lanci di pomodori e le offese razziste scritte sui muri, come vediamo nel dipinto di Rockwell, continuando la sua battaglia per i diritti civili, scortata da quattro agenti federali.
Storia e arte si mescolano in questo dipinto che fa emergere i problemi sociali, razziali, civili di un'America che deve crescere.
Trovo che questo dipinto sia bellissimo. Suggestivo. Sublime.
Uno dei miei preferiti.


4. Ritrae sé stesso
Come abbiamo già visto in Christmas Homecoming, 1948, e in A Family Tree, 1959, Rockwell era solito autoritrarsi. Forse il suo autoritratto più famoso è questo:


Norman Rockwell, Triple Self-Portrait, 1960.

Un triplo autoritratto divertente, direi, in cui assume tre posizioni diverse, ha gli occhiali, ma non sempre, la pipa è sempre presente, ma in posizioni diverse. È attorniato da autoritratti famosi in alto a destra - c'è anche Van Gogh! - e da alcuni suoi schizzi a sinistra.
E quell'elmo in alto?
È l'elmo dell'umiltà.
Lo aveva comprato a Parigi pensando che fosse un cimelio d'altri tempi. Scoprì più tardi che non era così.

L'autoritratto che preferisco io, però, è un altro:


Norman Rockwell, Artist Facing Blank Canvas, 1938.

L'artista davanti a una tela vuota. Quando l'ispirazione sembra svanita e una data di scadenza o di consegna è alle porte. Forse mi ritrovo in questo dipinto. Forse, in questo dipinto, possono rispecchiarsi un po' tutti. In fondo, il volto dell'artista non si vede, e quel volto potrebbe appartenere a tutti noi.


5. I miei preferiti
I miei dipinti preferiti spaziano molto: dalle copertine natalizie per The Satuday Evening Post alle pubblicità per Kellogg's; dal regalo a Walt Disney al bimbo che scopre Babbo Natale, un po' come ho fatto io; dalle fughe alle andate e i ritorni; dai sorrisi alla positività sempre presente nei volti ritratti. Una positività che sembra rivolta al futuro.
















Norman Rockwell, The Runaway, 1958.


Norman Rockwell, Going and Coming, 1947.
Norman Rockwell, The Discovery, 1956.
Norman Rockwell, Girl Reading the Post, 1941.
In basso a destra la dedica all'amico Walt Disney.
Norman Rockwell, Girl with String, 1955.
Norman Rockwell, Marble Champion, 1939. 
Norman Rockwell, Boy and Girl Gazing at the Moon, 1926.


Spero di avervi incuriosito almeno un po'. E se passate a Roma, non fatevi sfuggire l'occasione di fare un viaggio nel mondo di Rockwell!

Oggi il disegno realistico ha perso un po' di interesse, poiché il pubblico è maggiormente orientato sulla fotografia - come diceva Apollinaire, "basta la fotografia per ritrarre la realtà così com'è" - e maggiormente attratto da opere astratte o di altro genere e stile.

Pur condividendo il pensiero di Apollinaire, credo che il disegno come quello di Rockwell sia grandioso, al contempo tecnico, realistico e artistico, difficile da eseguire e pieno, davvero pieno di fascino!

Voi che ne pensate?


martedì 30 dicembre 2014

Zucchero filato

Zucchero filato.

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Se dico zucchero filato a cosa pensate?
Per me c'è solo una risposta: all'infanzia.


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All'infanzia. Quando c'era una fiera, una festa estiva al mare, la sera, tante luci. Un'atmosfera di festa.


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E poi, proprio lì, alla fine di quella sfilza di banchetti luminosi, c'era il carretto colorato attorniato da bimbi felici che aspettavano il proprio turno. Qualcuno riusciva anche a farselo da sé e aspettava già pronto con il bastoncino...


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E poi, come per magia, da quella macchina tonda nasceva una nuvola soffice e zuccherosa,


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che il più delle volte impiastricciava i visetti che affondavano nella nuvola avidamente; altre, invece, si appiccicava sulle dita perché si staccava a pezzetti per portarlo alla bocca e le mani rimanevano tutte collose.

Lo zucchero filato mi suscitava sensazioni contrastanti, da piccola: mi attirava tremendamente, da un lato; dall'altro, ahimè... ci tenevo ad avere le mani pulite!
Oggi, invece, mi fa una gran tenerezza, mi riporta indietro nel tempo, a un tempo che sembra custodito in un limbo attorniato da nuvole zuccherose e lana di fata*; e dalla mano grande che mi tiene per mano, quella pulita, mentre con l'altra tengo il bastoncino e decido come mangiarlo.
Oggi, non me ne importa niente di sporcarmi le mani.
Oggi, sono le sensazioni.
Oggi, è il ricordo.

Google Images... però in francese nuage è maschile: "un" nuage
Accipicchia, è l'unico motivo per cui non comprerei questa maglietta!

E voi cosa pensate dello zucchero filato?
Quali sensazioni vi suscita?



*Quando è stato inventato, lo zucchero filato si chiamava Fairy Floss, lana di fata. Oggi è più comune chiamarlo Cotton Candy... e quanto mi piacciono anche queste parole!!! ^_^
Ah, sapete che è stato inventato da un dentista? Questa cosa mi fa ridere tremendamente!


domenica 28 dicembre 2014

Orrore | Ho applicato. Un'applichescion

Il primo termine che merita di entrare nell'Antidizionario e di classificarsi al primo posto, senza se e senza ma, è application. Seguito a ruota dal caro verbo applicare.



Google Images + piccola modifica personale! ^_^



L'ordine ha poca importanza, in realtà. Applicatele pure come preferite.

Quante volte vi è capitato di usare il termine APPLICATION?
Mai? Beh, quante volte lo avete sentito, allora?
- Ho fatto un'applichescion. 
- Ho inviato un'applichescion.
- Compila un'applichescion.

Oppure capita di sentire HO APPLICATO. 
Intransitivo.


Ma COSA diavolo hai applicato???
- Ho applicato, speriamo che mi prendano!
- Facile, Lei applica...

Ma perché, perché, perché dico io?
Capisco che i tempi in cui dire Ok era maleducazione sono passati da un pezzo.
Capisco che nuovi termini, soprattutto tecnologici, vengano creati all'ordine del giorno e non è che uno si può mettere lì a creare un termine in italiano.
Capisco che dirlo in inglese fa figo!

Però... accipuffolina, qui esistono già. E, soprattutto, si capiscono anche meglio!

To apply* = fare domanda a, inoltrare una domanda a, fare richiesta a
Application* = domanda, richiesta

VS 

Applicare* = mettere qualcosa sopra a qualcos'altro, es. :  Ho applicato le toppe sulla tuta di Gianni.


L'italiano esiste, non lasciamolo morire! ^_^


**Il dizionario riporta anche le traduzioni "applicare" e "applicazione", ma il contesto è diverso.
*Tutti gli altri usi di ""applicare" in italiano.


E finalmente, alla fine dell'anno, ce l'ho fatta a pubblicare questo post.
Sono curiosa come una scimmia:

VOI APPLICATE? E se sì, cosa??? ^_^


venerdì 26 dicembre 2014

Un sorriso al giorno | Christmas Edition



In passato, forse, sognavano ciò che oggi possiamo.
Click.

E voi, lo fate?


giovedì 25 dicembre 2014

Dare

Dare.

Vi è mai capitato di avere bisogno di "dare"?

Non di ricevere.
Non di avere.
Non di prendere.

Ma di dare.

Io, quest'anno, ho sentito forte questo desiderio. Dare.

Non ho mai pensato a me per i regali di Natale, ho sempre pensato agli altri.
Ma quest'anno è stato diverso.

Quest'anno avevo voglia di dare loro qualcosa.
Qualcosa che amano, apprezzano, vogliono.
Senza corse affannose. Senza lotta dell'ultimo minuto. Senza dubbi sulle scelte.

La gente chiede sempre: "Cosa hai ricevuto a Natale?"
Oggi io vi chiedo: "Cosa avete dato?"

Qualunque cosa sia, spero l'abbiate fatta con il cuore.
Quest'anno sono contenta dei miei regali. Li ho fatti con il cuore.
Non che gli altri anni li abbia fatti senza cuore, ma forse nella coppia cuore-cervello vinceva il cervello. Quest'anno ha vinto il cuore. E ne sono felice.


Google Images


Buon Natale a tutti voi. Di cuore.


venerdì 12 dicembre 2014

Cose da femmine

Un paio di giorni fa sono finita a casa di L., la mia amica L., quella dei tempi dell'asilo - e anche delle elementari, delle medie, del liceo - che ora vive da sola e non aveva voglia di fare l'albero.

Ma come si fa??? - Le ho urlato con non so quanti decibel - Lo facciamo insieme!

E così sono andata da lei per fare l'albero di Natale, 



No, non questo. Lei è troppo glitterata per darsi al riciclo creativo, ma diamo tempo al tempo...



poi a cena pizza, supplì e crocchette, birretta, tanta acqua (proprio quella che ci fa fare tanta plin plin, così siamo belle dentro e fuori!) e dolcetti finali.

E poi?

Beh, poi è arrivata la fase cose da femmine.
Quelle cose che io non faccio mai. E lei sì.

Ha aperto uno sportellino del salotto e sono apparse tante piccole minuscole coloratissime bottigliette di SMALTO.
Se dico che ne ha una trentina, dico poco.
Non solo. Ha anche quell'attrezzo che riscalda lo strato trasparente per farle "proprio come se fossi da una nail artist".

Così ho ceduto.
D'altronde, lei ha ceduto ai miei bisogni infantili di albero.
Io, ai suoi. Da femmina.

L'ho spuntata solo sul colore. Lei andava sul magenta aggressive, io per un neutro rosino-che-si-vede-non-si-vede-e-se-non-si-vede-è-meglio-così-mi-sento-più-a-mio-agio.
Che poi, detto tra noi, farà pure effetto "mano curata", ma fa pure un po' effetto... vecchia.


Dai, la prossima volta punto sul magenta aggressive anch'io! ;)



Con queste, magari, l'anno prossimo ci mettiamo d'accordo... ^_^


E voi, unghie o albero? ^_^


domenica 30 novembre 2014

L'attesa

Quando avrò una casa tutta mia, il 3 novembre sarà un giorno di festa.
Sarà il giorno in cui si apriranno le danze.

Sarà il giorno in cui inizierà l'attesa.


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E non c'è cosa più bella dell'attesa di una cosa bella.
La vivrò per me, perché mi dà gioia, perché mi fa sorridere, perché il sorriso si contagia...



Google Images

Sarà il giorno in cui tirerò fuori tutte le cose natalizie, inizierò a preparare l'albero, la casa si riempirà di lucine e di calore familiare, e il sottofondo musicale sarà quello di tutti i Natali passati e di quelli futuri.


Google Images


Ma se sarà così bello, perché aspettare un imprecisato Natale futuro e non iniziare fin da ora, anche se non è il 3 novembre, anche se non ho ancora una casa mia?

Che l'attesa inizi e...



Buona attesa a tutti voi!
^_^




mercoledì 19 novembre 2014

Biondo stupido naturale

Poi dicono che sono le donne!
Donna bionda = stupida. Dicono.
Donna al volante = pericolo costante. Dicono.

E invece no. Il troglodita ignorante assassino al volante è una sottospecie di uomo, biondo, con un tantino di riporto. Abbastanza giovane. Molto stupido.

Immaginatelo con meno capelli e con un'espressione meno intelligente, please.


Domenica mi sono concessa un'uscita dopo cinque settimane di malattia, che non è ancora del tutto sparita. Sono andata al cinema con L. e il cinema è in un centro commerciale.

Si capisce che domenica+cinema+centro commerciale a novembre quando strapiove non è un ottimo assortimento, ma quanto ci piace chiacchierare in macchina-nel-traffico-sul-raccordo-sotto-la-pioggia ce lo vogliamo mettere??! ;) 

E insomma dopo un'ora e mezza di chiacchiere in macchina-nel-traffico-sul-raccordo-sotto-la-pioggia per un percorso di quindici minuti (quindici!) siamo arrivati al centro commerciale e ci siamo inoltrate nella giungla del parcheggio.

Tattica: seguiamo chi esce.

Dico scherzando alla mia amica: "...che tanto poi, anche se scendo a fermare il posto a piedi, arriva sempre qualcuno in macchina che mi fa andare via..."

Insomma, ridendo e scherzando seguiamo una famigliola verso la macchina, scendo e vado a occupare il parcheggio.

Pè-pèè-pèèèè....

Il biondo-stupido al clacson con una mano suona e con l'altra, fuori dal finestrino, fa così

e urla: "OHHHHHHH!!!!!!!!"

Il classico italiota. Ignorante. Burino. Cavernicolo.

E così ha inizio una simpatica conversazione.

Lui: Ohhhh! Lèvate!
Io: Guardi, io e la mia amica li abbiamo seguiti.
Lui: Ma che... io stavo qua...
Io: Guardi, noi li abbiamo seguiti da quando sono usciti dal centro commerciale.
Lui: Non è vero.
Io: Come "non è vero"?
Lui: Ao', mo' m'hai rotto...

E preme l'acceleratore per investirmi o probabilmente per spaventarmi e farmi scappare.
Io non mi muovo di una virgola.

Lui: Daje, lèvate. Io so' stanco.
Io: Siamo tutti stanchi.
Lui: Sì, vabbè, io è un sacco che giro.
Io: Oggi, qui, girano tutti.

Poi lui e quella cosa moscia bionda tinta con le labbra rosso fuoco seduta lì accanto hanno affabulato qualcosa che non ho neanche perso tempo a decifrare, tanto di sicuro in due non facevano un neurone.

Io: Senta, Lei non ha capito una cosa. Io avevo già deciso di lasciarLe il posto quando era laggiù, non era necessario accelerare...

A lui è crollato il pavimento sotto i piedi, la sua faccia-di-merda ha cambiato espressione.

Io nel frattempo ho continuato: ...il problema è il modo!
Lui: Ma io non t'ho detto niente!

E qui ha alzato le spalle e le mani, come per dire: "Sono innocente"

Io: Come no? Lei mi ha urlato "OHHHHHHHH!!!!!!!" quando era laggiù. Ma come si permette? Io non sono un cane; sono una ragazza.

Faccia-di-merda non se l'aspettava questa.

Nel frattempo è arrivata la mia amica, preoccupata che mi investisse davanti ai suoi occhi, a sostenere la mia tesi: "Guardi, noi li abbiamo seguiti dall'uscita..."
Ma le ho detto che non c'era bisogno del suo intervento. Me la stavo vedendo da sola con quel tizio e non avevo ancora finito.
Lui ha accelerato di nuovo. Pochissimo stavolta, lo spazio era minimo.

Allora quella cosa moscia bionda tinta con le labbra rosso fuoco seduta accanto a lui ha affabulato qualcosa e io le ho detto: Ma tu ti fai dire "OHHHHHHH!!!!" da lui?

Poi lui ha continuato a parlare. Io ho insistito sui suoi modi e lui annuiva in maniera evidente a mo' di "sì, hai finito con la predica?" e poi esordisce con "Quaglia!"

E io: Maleducato!

In macchina, la mia amica: Se vuoi facciamo il giro e...



Io: Non mi interessa, non sono il tipo.


Morale della favola.
1. Io non mi metto a litigare per un posto, sono in grado di trovarmene un altro - e infatti dopo trenta secondi abbiamo parcheggiato in una posizione persino migliore.

2. Io non sopporto questa gente.

3. La mia amica dice che lui si è comportato così per mostrarsi "uomo" davanti alla cosa moscia.
Secondo me, questo non è mostrarsi uomo. Anzi, secondo me è proprio il contrario.

Sarebbe stato un comportamento da uomo, 
- se mi avesse parlato educatamente, 
- se mi avesse lasciato il posto, 
- se non mi avesse trattato in quel modo orribile, 
- se non avesse premuto per ben due volte sull'acceleratore.

4. Credo di essere più "uomo" di lui, perché in passato io:
- quando ero al volante, ho lasciato il parcheggio a chi era a piedi, uomo o donna, ragazza o ragazzo, bambina o bambino che fosse,
- quando ero seduta accanto all'automobilista, gli ho suggerito di lasciare il posto a chi c'era e passare oltre - anche se non ce n'era bisogno, perché chi guidava la pensava come me.

5. La cosa moscia non avrebbe dovuto perorare la causa del biondo stupido, ma avrebbe dovuto dirgli di lasciar correre.

6. L'unica cosa che avrebbe meritato di leggere su quella macchina sarebbe stato:


Perché ha premuto sull'acceleratore. Due volte. Volontariamente. 


Vi è mai capitato di trovarvi di fronte un cavernicolo del genere?
Come avete reagito?


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