mercoledì 31 dicembre 2014

American Chronicles: The Art of Norman Rockwell

Conoscete Norman Rockwell?



Noo??

Beh, no, non è LA risposta.

Ho passato ieri e oggi in giro per la mia città, Roma, che è bella di suo, però a volte è ancora più bella. Perché?
Beh, perché arriva qualcosa che la arricchisce e la mostra di Norman Rockwell è una di quelle cose che non ti puoi perdere se abiti a Roma, se da piccolo disegnavi tutto, di tutto, su tutto, anche mentre guardavi i cartoni animati e se poi hai passato la passione a tua sorella would-be illustratrice.

Da Norman Rockwell ci vai e basta. Anzi, ci corri. Anzi, sei superfelice che il periodo della mostra coincida con il suo compleanno, non vedi l'ora di regalarle il biglietto e passare un po' di tempo ad ammirare l'opera di un tizio che ha rifuggito il clamore e per quarantasette - 47!!! - anni della sua vita ha illustrato le copertine del The Saturday Evening Post, che sono oltre 320, e rappresentano una buona parte della cultura statunitense del XX secolo.



Insomma, ieri ho fatto un viaggio nella vita e nell'arte di Norman Rockwell. Nel suo "realismo romantico".

Dire cosa mi sia piaciuto di più è difficile, perché mi è piaciuto davvero tutto. Anche la stanzetta per i bambini. Un po' meno il bookshop alla fine della mostra, se devo proprio dirlo.

Che cosa mi piace di Norman... vediamo.

1. Dipinge dal vero.
All'inizio prendeva dei modelli e li metteva in posa, proprio come chiunque altro. Poi, ha deciso di ritrarre le persone comuni, che è una cosa bellissima. Poi, ha ritratto la sua famiglia, è una cosa ancora più... bellissima.

Norman Rockwell, Girl at Mirror, 1954.

Questa ragazzina aveva circa 11 anni quando è stata ritratta. Quando si è rivista ne aveva 22 ed è scoppiata in lacrime, perché riusciva a comprendere il significato del ritratto: il passaggio dall'infanzia all'età adulta. La crescita le fa allontanare la bambola - che vediamo a terra - e le fa sfogliare una rivista dove compare il volto di un'attrice, Jane Russell, e vuole assomigliarle. Ecco perché c'è quel rossetto a terra, insieme a spazzola e pettine. Ma guardandosi allo specchio vede ancora il volto candido di una bambina.


Norman Rockwell, Christmas Homecoming, 1948.

Questo è il ritorno a casa per le feste natalizie di Jarvis, uno dei suoi figli. Il punto di vista del ritratto è proprio il suo, quello che ci permette di vedere la gioia riflessa nei volti di tutte le persone che lo circondano: la madre Mary, che lo abbraccia; il padre Norman, a destra, con la sua inconfondibile pipa; il fratello Thomas, con la camicia a quadri; e il fratello Peter, più a sinistra, con gli occhiali, la voce narrante della mostra. E sì, vi consiglio proprio di prendere l'audioguida, è inclusa nel prezzo, ma ve lo consiglierei anche se non lo fosse: ne stravale la pena.


Norman Rockwell, Art Critic, 1955.

Chi è il critico d'arte? Il ragazzo che si avvicina al dipinto, la dama ritratta che lo guarda compiaciuta o i tre gentiluomini che, affacciati dal dipinto di fianco, osservano la scena?
Non lo sappiamo. Sappiamo però che questo studente di arte con il cavalletto piegato e la tavolozza sotto braccio che si accinge a guardare il décolleté della dama attraverso una lente d'ingrandimento è Jarvis Rockwell.


Norman Rockwell, Boy in a Dining Car, 1946.

Prima di scegliere il modello, Rockwell ne provava alcuni. Peter Rockwell non fu, infatti, la prima scelta per questo dipinto. Peter dice che il padre pagava 5 dollari gli altri ragazzi, mentre lui e i suoi fratelli guadagnavano solo 1 dollaro. 

Qui è ritratto anche un cameriere. Anche per lui ci furono diversi provini. All'epoca il razzismo imperava negli Stati Uniti e gli uomini di colore potevano essere ritratti solo in condizioni di lavoro negative. Non è questo il caso: Rockwell era un pacifista.


2. Ha senso dell'umorismo
La prima delle immagini che mi ha tirato fuori una risata è questa:

Norman Rockwell, A Family Tree, 1959.

Notate niente di strano?
Ingrandite pure l'immagine.
Adesso?

Beh, il modello ritratto in tutte le generazioni è lo stesso signore. E c'è una particolarità che si ripete: la parte alta del naso è ampia (di solito è la parte più stretta del naso).
In tutte le generazioni maschili, il modello è lo stesso. Tranne in una. Lo vedete? Il reverendo al centro del dipinto ritrae proprio Rockwell. 
E l'uomo che gli ha fatto da modello che fine ha fatto?
È diventato sua moglie! ^_^


3. È attento ai temi attuali e sociali
Il 6 gennaio 1941, il Presidente Franklin Delano Roosevelt parlò agli americani:


Il discorso faceva riferimento alla Quattro Libertà fondamentali: la libertà di parola, la libertà di culto, la libertà dal bisogno e la libertà dalla paura.

Rockwell rappresentò le Four Freedoms in quattro dipinti:


Norman Rockwell, Freedom of Speech, 1943.
Un discorso democratico in cui tutti ascoltano chi parla, anche se hanno opinioni diverse.


Norman Rockwell, Freedom of Worship, 1943.
Volti diversi, di etnie, razze e religioni diverse. Tutti sono liberi di rivolgersi al proprio Dio.


Norman Rockwell, Freedom of Want, 1943.
Una famiglia riunita intorno a una tavola imbandita dove il cibo non manca (ahimè, povero tacchino!). 

Norman Rockwell, Freedom of Fear, 1943.

Due bambini possono dormire tranquilli nel loro letto, lontano dai bombardamenti della guerra in Europa, dove i bambini non erano altrettanto tranquilli né al sicuro.


Da non dimenticare:


Norman Rockwell, Murder in Mississippi, 1965.

Murder in Mississippi, 1965, che ritrae tre giovani attivisti per i diritti civili uccisi nel 1964 probabilmente da alcuni membri del Ku Klux Klan (di cui vediamo soltanto le ombre con i fucili sulla destra del dipinto).

E The Problem We All Live With, 1964.


Norman Rockwell, The Problem We All Live With, 1964.

Gli anni '60 sono forse gli anni in cui il vento del razzismo si fa sentire più di ogni altra cosa negli Stati Uniti. Nel 1960, Ruby Bridges ha sei anni ed è l'unica bambina afroamericana a frequentare una scuola per soli bianchi. Gli altri bambini afroamericani hanno deciso di restare a casa, ma lei continua ad andare a scuola, nonostante i lanci di pomodori e le offese razziste scritte sui muri, come vediamo nel dipinto di Rockwell, continuando la sua battaglia per i diritti civili, scortata da quattro agenti federali.
Storia e arte si mescolano in questo dipinto che fa emergere i problemi sociali, razziali, civili di un'America che deve crescere.
Trovo che questo dipinto sia bellissimo. Suggestivo. Sublime.
Uno dei miei preferiti.


4. Ritrae sé stesso
Come abbiamo già visto in Christmas Homecoming, 1948, e in A Family Tree, 1959, Rockwell era solito autoritrarsi. Forse il suo autoritratto più famoso è questo:


Norman Rockwell, Triple Self-Portrait, 1960.

Un triplo autoritratto divertente, direi, in cui assume tre posizioni diverse, ha gli occhiali, ma non sempre, la pipa è sempre presente, ma in posizioni diverse. È attorniato da autoritratti famosi in alto a destra - c'è anche Van Gogh! - e da alcuni suoi schizzi a sinistra.
E quell'elmo in alto?
È l'elmo dell'umiltà.
Lo aveva comprato a Parigi pensando che fosse un cimelio d'altri tempi. Scoprì più tardi che non era così.

L'autoritratto che preferisco io, però, è un altro:


Norman Rockwell, Artist Facing Blank Canvas, 1938.

L'artista davanti a una tela vuota. Quando l'ispirazione sembra svanita e una data di scadenza o di consegna è alle porte. Forse mi ritrovo in questo dipinto. Forse, in questo dipinto, possono rispecchiarsi un po' tutti. In fondo, il volto dell'artista non si vede, e quel volto potrebbe appartenere a tutti noi.


5. I miei preferiti
I miei dipinti preferiti spaziano molto: dalle copertine natalizie per The Satuday Evening Post alle pubblicità per Kellogg's; dal regalo a Walt Disney al bimbo che scopre Babbo Natale, un po' come ho fatto io; dalle fughe alle andate e i ritorni; dai sorrisi alla positività sempre presente nei volti ritratti. Una positività che sembra rivolta al futuro.
















Norman Rockwell, The Runaway, 1958.


Norman Rockwell, Going and Coming, 1947.
Norman Rockwell, The Discovery, 1956.
Norman Rockwell, Girl Reading the Post, 1941.
In basso a destra la dedica all'amico Walt Disney.
Norman Rockwell, Girl with String, 1955.
Norman Rockwell, Marble Champion, 1939. 
Norman Rockwell, Boy and Girl Gazing at the Moon, 1926.


Spero di avervi incuriosito almeno un po'. E se passate a Roma, non fatevi sfuggire l'occasione di fare un viaggio nel mondo di Rockwell!

Oggi il disegno realistico ha perso un po' di interesse, poiché il pubblico è maggiormente orientato sulla fotografia - come diceva Apollinaire, "basta la fotografia per ritrarre la realtà così com'è" - e maggiormente attratto da opere astratte o di altro genere e stile.

Pur condividendo il pensiero di Apollinaire, credo che il disegno come quello di Rockwell sia grandioso, al contempo tecnico, realistico e artistico, difficile da eseguire e pieno, davvero pieno di fascino!

Voi che ne pensate?


4 commenti:

  1. Mi hai fatto davvero venire voglia di andare! Mio marito è stato qualche giorno fa, ha riportato tazza (The runaway) (!), la mostra gli è piaciuta, ma non è stato così bravo e coinvolgente. Andrò senz'altro!
    Ciao,
    Paola

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    Risposte
    1. Grazie Paola! ^_^
      In realtà, non ho scritto proprio tutto... e mancano ancora alcune immagini che mi piacciono.

      La mostra è bellissima e, se sei un po' appassionata, ti piacerà senz'altro.
      Soprattutto, ti riporterà indietro nel tempo, alle immagini che vedevi illustrate nei libri o sulle confezioni dei Kellogg's da bambina.

      Ricordati di prendere l'audioguida!
      Ah, se hai un abbonamento metrebus puoi usufruire della riduzione!

      Fammi sapere!
      Ciao!

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    2. Sono andata! Sconto metrebus e audioguida gratis. Molto bella. Un mondo affascinante, pervaso di speranza anche quando intorno crollava tutto, e pieno di ironia e gioco. E' stata un'esperienza molto piacevole e divertente. Ma l'ultimo quadro mi ha davvero emozionata: c'è moltissimo in quell'immagine della bambina che va a scuola, moltissimo del periodo in cui si colloca ma della nostra vita ancora oggi. Grazie per la dritta, Cris!

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    3. Ciao Paola!

      Mi fa davvero piacere sapere che sei andata alla mostra, e mi fa piacere anche sapere di esserti stata utile e di aver contribuito un pochino a farti entrare nel suo mondo.

      Penso anch'io che l'immagine della bambina sia emozionante: non parla solo all'America di allora, ma anche a noi, oggi.
      Forse è anche per questo che l'hanno messa alla fine, per farci riflettere.

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