lunedì 12 agosto 2013

Le (dis)avventure di (S)Fortunella II

Day 2
La mattina mi sono svegliata verso le 9, senza sveglia, stranamente riposata e sono andata a far provviste al supermercato dopo aver gonfiato le ruote della bici.
Beh, anche dopo essermi lavata e aver fatto colazione - nel dubbio vi venisse in mente, lo scrivo. ;)

Verso mezzogiorno sento C. e D.: sono in spiaggia, quasi pronti a rientrare per pranzo. Io, però, ho voglia di una passeggiata in bici, e così mi faccio i miei 10-12 km e dopo un'oretta rientro e pranzo.

Abbiamo appuntamento alle 16.30 davanti allo stabilimento vicino casa di D., che dista 20-25 minuti di bici da casa mia, per andare a fare una passeggiata nella cittadina vicino alla loro. Sono entusiasta, ho proprio voglia di sgranchire le gambe e fare un bel giretto laggiù, ma prima ne approfitto per riposarmi un po', rilassarmi e provare a vedere quali canali della tv si vedono.

Mentre mangio, scorro lentamente i canali dall'1 all'86 e sono lieta di annunciarvi che ho la gran fortuna di vedere i canali su: 4, 5, 6, 24, 25 e 86. E quando si vedono, hanno degli effetti speciali degni di Hollywood: strisce colorate, acustica acuta o pressoché inestistente - quest'ultimo caso deve servire ad aumentare le mie capacità di leggere il labiale - segnali di fumo vari e tanti bip bip.

Beh, insomma alle 16 salgo in sella e pedalo. C. e D. sono un po' in ritardo: una delle bici non va, così D. si porta C. sul portapacchi e partiamo. La cosa positiva di avere C. sul portapacchi è che posso parlare con entrambi contemporaneamente e nessuno dei tre a un certo punto deve retrocedere per far comunicare gli altri due. Vabbè, cose tecniche da passeggiatori e parlatori in bicicletta incalliti.

Pedala pedala, arriviamo. Ci fermiamo un po' - non so quanto - nella piazzetta antistante il porto e poi andiamo verso il porto. C. e D. ci sono già stati, d'inverno. Io no, ma sembra che ci sia stata da bambina. Lo spettacolo è bellissimo. Barche, acqua, cielo. Mi sembra quasi di essere tornata a Howth o a Marken, ma in versione italiana. Una versione più calda, più calda in tutti i sensi. Più calda per via della temperatura, ma è anche un luogo che scalda il cuore. Non so perché, la sensazione è stata questa però.

Propongo a C. e D. di inoltrarci sulla lingua di terra che porta al faro. D. è un po' fifone e prova a distogliermi da questa idea, ma io, temeraria, non lo ascolto neanche e mi sono già incollata la bici sulle spalle per metterla sulla passerella che è quasi a un metro da terra (dal punto in cui ci troviamo). È stata l'idea migliore che potessi avere.

Ci inoltriamo in mezzo al mare, ma sulla terra. Arrivo per prima al faro, mi volto e... vedo uno dei panorami più belli di tutti i panorami che ho visto finora. E mi dovete credere sulla parola, perché non ho portato con me la macchinetta fotografica, ho un cell che ha 10 anni ed è ancora in bianco e nero, quindi non fa foto; a C. si era rotto lo schermo dello smartphone e D. pensava di averlo lasciato a casa, invece ce l'aveva in tasca, che buzzurro!

Sullo sfondo c'erano gli Appennini, con alcuni monti facilmente distinguibili, poi davanti le colline verdi, poi davanti qualche gruppetto di case, poi davanti la costa e uno specchio d'acqua blu. E proprio in quel momento, mentre fotografavo nella mente questo spettacolo, un pesciolino è uscito dall'acqua a fare un paio di piroette. Bellissimo.

La via del ritorno, circa 12-13 km fino a casa mia, è stata un po' una sfida al calcolo delle probabilità.
Secondo voi, quante probabilità ci sono di essere infilzati come uno spiedino da un bastoncino per gli spiedini mentre si sta pedalando e non si tocca terra?
Beh, secondo me sono poche, ma con una mossa ardita da far invidia a Guglielmo Tell e Robin Hood messi insieme, sono riuscita a pestare un bastoncino con la ruota anteriore della bici, sollevarlo e conficcarlo nel piede in un nanosecondo, tanto rapido che non ci ho capito niente. Ovviamente il bastoncino era schifosamente lercio e non voleva saperne di uscire dal mio piede, ma con una presa secca lo tolgo senza danni apparenti, seguìto da una bella scietta ematica. 

Da lì, inizia l'Odissea:
- disinfetto in farmacia
- torno a casa e il dolore sale, sale, sale fino all'inguine
- gamba quasi bloccata e dolore lancinante
- chiamo C. e D. che mi portano alla guardia medica
- la guardia medica è un essere bizzarro che prima mi spaventa con la storia del tetano: "Crisi respiratoria, paralisi dei muscoli e poi muori" sono state le sue ultime parole 
- decidiamo di andare al pronto soccorso
- al pronto soccorso c'è un essere altrettanto bizzarro che mi accoglie con lo slogan: "Tanto se devi morì, mori lo stesso!" e continua a parlarmi di tetano e immunoglobuline
- io voglio parlare con medico vero, ma l'essere bizzarro mi dice che potrò parlarci solo se decido di fare le immunoglobuline
- tenta di convincermi a farle dicendo che sono sicure, poi quando gli chiedo: "Ma Lei le farebbe?" cambia solfa e mi dice che lui non le farebbe manco per niente - "tanto se devi morì, mori lo stesso!" - e queste immunoglobuline diventano improvvisamente non sicure: "Vengono da sangue umano, che ne sai se chi te lo dà ha l'Hiv, l'epatite, poi mica lo scopri subito, devono passare tre mesi. E allora sei fregata".
- ho 72 ore per decidere e decido di non farle e tornarmene a casa. Prima voglio parlare col mio medico

La notte sarà un po' meno tranquilla di quella precedente.


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4 commenti:

  1. Urca!
    Secondo me torna buono come soggetto per una vignetta di Zerocalcare.
    Faccio il tifo per il tuo sistema immunitario.

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    Risposte
    1. Ahah, faccio il tifo anch'io: domani mi toccano le analisi del sangue!

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